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Uso di Psicofarmaci in Situazioni Cliniche Complesse

ISBN/EAN
9788849004793
Editore
Il Pensiero Scientifico
Collana
Mappe
Formato
Brossura
Anno
2016
Pagine
214
27,00 €
Individuare criteri e modalità per una gestione condivisa dei trattamenti farmacologici e promuovere l’aggiornamento sono gli obiettivi principali di queste Raccomandazioni. Il testo è organizzato in dodici capitoli dedicati ad altrettante situazioni cliniche, dall’episodio maniacale alla tollerabilità degli psicofarmaci in gravidanza, dalla depressione unipolare e bipolare alla tollerabilità degli psicofarmaci nei pazienti con comorbilità medica. Uno strumento rivolto a tutti i medici dei dipartimenti di salute mentale italiani, che grazie ad esso potranno: - confrontare le proprie pratiche prescrittive; - riflettere sulle ampie aree di incertezza che ancora oggi riguardano i trattamenti farmacologici; - creare una metodologia condivisa per la scelta e la gestione dei trattamenti farmacologici; - individuare criteri comuni per il monitoraggio regolare e periodico degli stessi trattamenti. Prefazione Aumentare le conoscenze e promuovere il cambiamento Il futuro della psichiatria, ma potremmo dire invero il futuro della medicina, dipende dal rapporto tra le conoscenze e il cambiamento. Si continua, giustamente, a sottolineare l’importanza di investire nella ricerca scientifica per aumentare le nostre conoscenze sulle malattie, sulle loro cause, sulla prevenzione e sul loro trattamento. Si trascura, però, di aggiungere che non ci può essere futuro se non si promuove poi, nelle pratiche dei Servizi, degli ambulatori e degli ospedali, il cambiamento suggerito dalle conoscenze. Per questaseconda operazione (seconda solo da un punto di vista temporale) è necessario investire anche in quelle ricerche che suggeriscono il modo più efficace per promuovere e implementare questo cambiamento. Esso deve riguardare sia la pratica diagnostica e clinica dei medici e degli altri operatori della salute mentale, sia l’organizzazione dei servizi sanitari e sociali e più in generale dei sistemi di cura. Se le risorse, soprattutto nel nostro Paese, investite nella ricerca scientifica (in particolare in quella cosiddetta indipendente) per comprendere le cause dei disturbi mentali e trovare rimedi sono insufficienti, quelle che finanziano la ricerca per identificare le metodologie più efficaci per trasferire le conoscenze consolidate alla pratica, quindi finalizzata a un cambiamento diffuso e quindi significativo, sono in pratica inesistenti. Dobbiamo ricordare quanto è stato chiaramente detto molti anni fa da Sir Archie Cochrane: fermo restando che abbiamo assoluto bisogno di sapere di più, se utilizzassimo appieno, in modo razionale e diffuso, negli ospedali e negli ambulatori, quello che già sappiamo, faremmo subito un salto in avanti enorme, a beneficio dei nostri pazienti. Ho discusso altrove (Tansella, 2011; 2012), sollecitato da quanto analizzato con grande lucidità da Alessandro Liberati, il rapporto e l’integrazione che devono esserci tra “ricerca biomedica di base” e “ricerca sanitaria”. Sappiamo che è la cosiddetta “ricerca sanitaria” quella esplicitamente finalizzata a essere tradotta in innovazione e trasferita alla pratica clinica. Per questo sarebbe preferibile chiamarla “ricerca per promuovere i cambiamenti” (change promoting), ponendo così l’accento sul fatto che essa serve per cambiare le cose, nella popolazione e nei servizi sanitari. La prima potrebbe essere denominata, invece che “ricerca biomedica di base”, “ricerca per potenziare le teorie” (theory enhancing), perché dedicata ad allargare e approfondire quello che sappiamo sulle alterazioni dei sistemi biologici, ma anche di quelli psicologici e sociali, che condizionano l’insorgenza e il decorso delle malattie (St. Leger e Walsworth Bell, 1999). Sappiamo anche che occorre superare le contrapposizioni tra questi due tipi di ricerca, adottando una visione integrata e attivando un continuum delle attività scientifiche: da quelle di base, eseguite in laboratorio (ricerca traslazionale di fase zero), a quelle che promuovono il trasferimento delle nozioni acquisite e delle ipotesi dall’animale all’uomo, dapprima con sperimentazioni in individui normali e su pochi casi (ricerca traslazionale di fase uno), poi con l’esecuzione di studi clinici controllati di efficacy (ricerca traslazionale di fase due); a quella che prevede studi controllati di effectiveness, revisioni sistematiche, metanalisi e preparazione di linee-guida cliniche (ricerca traslazionale di fase tre); a quella che prevede infine l’implementazione dei risultati scientifici nella pratica terapeutica di ogni giorno (ricerca traslazionale di fase quattro) (Tansella e Thornicroft, 2009; Thornicroft et al., 2011). Ma non si dimentichi che, senza implementazione, il continuum delle attività scientifiche è incompleto, abortisce. La relazione tra ricerca scientifica e pratica clinica è, com’è noto, una relazione reciproca e bidirezionale: da un lato la ricerca deve influenzare la pratica, nel senso che i risultati scientifici consolidati devono essere implementati, quando ciò è rilevante, possibile e sostenibile, nel lavoro quotidiano per migliorare la qualità delle cure; dall’altro la pratica quotidiana deve poter fornire, alla ricerca, ipotesi innovative da testare. Le variabili che influenzano l’efficacia di questo flusso bidirezionale sono molte: la qualità e la rilevanza della ricerca scientifica; l’impegno di chi ha la responsabilità di pianificare e gestire l’assistenza sanitaria a utilizzare queste informazioni scientifiche, dando loro il giusto peso, rispetto a considerazioni e scelte di tipo politico; la cultura degli operatori e la loro consapevolezza dell’importanza di questi temi; la loro disponibilità a investire una parte importante del loro tempo per favorire i cambiamenti e le innovazioni suggeriti dalla ricerca; infine la loro capacità di promuovere riflessioni sulla pratica che possano trasformarsi in idee e progetti scientifici per la verifica di nuove ipotesi. Qualche considerazione merita il cambiamento non sostenuto da dati scientifici, ma solo da esperienze. Queste ultime sono pure conoscenze, ma hanno un valore inferiore, insufficiente e spesso provvisorio, in attesa di dati consolidati raccolti ......

Maggiori Informazioni

Autore Barbui Corrado; Ostuzzi Giovanni; Bighelli Irene; Purgato Marianna; Nosé Michela
Editore Il Pensiero Scientifico
Anno 2016
Tipologia Libro
Collana Mappe
Lingua Italiano
Indice Tabelle GRADE 1. Episodio maniacale 2. Depressione bipolare 3. Depressione unipolare 4. Il paziente agitato o aggressivo 5. Sindrome delirante persistente 6. Disturbo ossessivo-compulsivo con mancata risposta agli antidepressivi 7. Disturbo borderline di personalità 8. Anomalie del comportamento e disturbo pervasivo dello sviluppo o ritardo mentale 9. Deterioramento cognitivo nel paziente anziano 10. Tollerabilità degli psicofarmaci nel paziente con comorbilità medica 11. Gestione degli effetti collaterali degli antipsicotici 12. Tollerabilità degli psicofarmaci in gravidanza (PDF: 80 Kb)
Stato editoriale Fuori catalogo
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