Materiali dispersi - Storie dal manicomio criminale

«Materiali dispersi»: a prendere un vecchio dizionario etimologico, e cercare il significato di «materiale», viene fuori che si tratta di qualcosa fatto di materia, in ciò opposto ai concetti di spirituale e morale. E il termine «disperso» aggiunge un'ulteriore qualifica, o piuttosto una squalifica. Viene da pensare a un vecchio cantiere, ai margini del quale stanno gettati mattoni rotti e calcinacci, oppure a frammenti sfrenatamente lanciati nello spazio, residuo di un'antica esplosione. Ma a scorrere le pagine di questo libro s'incontra presto una smentita e una conferma. Una smentita, perché c'è poco di «materiale» nelle storie raccontate, piuttosto un'umanità che affiora in ogni momento, nascosta ma non cancellata da gesti folli e criminali. Una conferma, perché nella vita di tutti i protagonisti c'è stata una rumorosa deflagrazione, che li ha mandati in pezzi, trasformandoli in qualcosa di apparentemente inutile e informe. Tragedie e vittime, tribunali e condanne, condanne che la follia ha preso e trasformato nell'obbligo di passare anni, e forse una vita intera, dietro le mura di un manicomio criminale. Un luogo senza tempo, quello che oggi si chiama Ospedale Psichiatrico Giudiziario, pieno di materiali dispersi, accantonati qua e là. C'è chi urla la propria rabbia, il proprio dolore, che dice che non c'entra o non è stata colpa sua, perché lo hanno costretto, dopo averlo perseguitato tutta una vita. Altri nemmeno hanno capito quello che hanno fatto. Una cosa sola è chiara.