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La legittima difesa domiciliare

ISBN/EAN
9788892133495
Editore
Giappichelli
Collana
Itinerari di diritto penale. Monografie
Formato
Libro in brossura
Anno
2020
Pagine
416

Disponibile

50,00 €
L’idea di questa indagine è nata a seguito della partecipazione a una più ampia ricerca intrapresa molti anni fa sul tema delle interre-lazioni fra le categorie e gli istituti sostanziali e processuali del siste-ma penale, ora nella sede dell’accertamento probatorio, ora nella fase della traduzione dei criteri decisori, ora nel momento della indivi-duazione delle formule di pronunciamento terminative dei procedi-menti giurisdizionali. La scelta della figura della legittima difesa de-rivò all’epoca dalla propensione di questa figura ad attrarre su di sé tutti i profili accennati. Per la sua posizione di elemento negativo (se non del fatto tipico, almeno) della imputazione contestata alla perso-na tratta a giudizio, la figura sollecita infatti peculiari accorgimenti applicativi nella distribuzione delle potestà delle parti nell’agone pro-cessuale. Per la propensione dell’esimente a impegnare il giudice in deliberazioni eventualmente cariche di conseguenze su versanti non esclusivamente penalistici della vicenda giudiziaria, la medesima fi-gura si rimette a criteri di accertamento e di giudizio compositi, ri-spondenti a differenti logiche; e, ancora, per il suo spiccato tecnici-smo, l’esimente esaspera le difficoltà delle decisioni giurisdizionali, che su quella figura intervengano, di rendersi intellegibili (e perciò senz’altro accettabili) al comune cittadino. Non ultimo, naturalmen-te, si affacciava il motivo rappresentato dalla intervenuta riforma le-gislativa del 2006, la quale aveva a un tempo arricchito la fisionomia e gli elementi di valutazione della figura esimente, senza peraltro ta-citare le discussioni e i contrasti in ordine alla reale adeguatezza del-la stessa a soddisfare esigenze tanto processuali quanto sostanziali, legate al più corretto assetto della figura medesima e alla funzionalità del suo regime applicativo, avvertite dall’opinione pubblica. La figura in questione manifestava, insomma, una “instabilità” degna di curio-sità scientifica. È facile immaginare, poi, come l’intrapresa e l’approfondimento dell’accennata indagine – complice la ricchezza concettuale, valoriale e teologica di una figura dai tratti “cangianti”, quale si è rivelata la fattispecie normativa della legittima difesa – abbiano ben presto “preso la mano” e indotto il ricercatore ad allargare lo sguardo e a porsi ben altre e più impegnative domande: quali le esigenze fondamentali, inderogabili, racchiuse nel testo dell’art. 52 c.p.? Quale l’orizzonte di-schiuso dal legislatore con la riforma del 2006? Quali le direttrici perseguibili dopo l’alterazione dell’equilibrio originariamente prefi-gurato dal legislatore del 1930? Domande, com’è noto, rinvigorite nel loro tono inquisitorio dalle polemiche montate negli ultimi anni nelle sedi del confronto politico. Sennonché, anche il dibattito sviluppatosi in parallelo nelle case dei cittadini, ha imposto l’esigenza di verificare criticamente le strategie di fondo legate all’assetto scolpito dalla nor-ma dell’art. 52 c.p.: anche le posizioni espresse sul tema della legitti-ma difesa da persone non aventi un’approfondita cultura giuridica, hanno rappresentato uno stimolo, per quanto singolare, alla intra-presa di un’indagine che avesse come fine l’obiettivo di “accorciare le distanze” fra il disposto normativo e il responso di giustizia che ci si attende dall’intervento di un’esimente destinata ad “impattare” sulle disposizioni incriminatrici. Per forza d’inerzia, dunque, l’indagine che qui si presenta, si è ac-cinta a ripercorrere i fondamenti, i tratti e le finalità di un istituto cer-to antichissimo, ma non immobile nella sua storia. Ferma l’esigenza, quasi atavica e stabilmente mantenutasi, di assicurare un’esigenza – quella di autodifesa – connaturata alla condizione stessa dell’individuo che convive con altri, l’istituto giuridico ha invero conosciuto spiega-zioni e declinazioni sorprendentemente variabili, nel tempo come nello spazio. L’indagine non poteva dunque esimersi dal verificare critica-mente il retroterra e l’esperienza storico-comparatistica della legittima difesa. Tanto più che il processo evolutivo cui si è sottoposta la figura nei secoli passati non si è arrestato in epoca moderna, se è vero che negli ultimi vent’anni sono emersi prepotenti motivi d’insoddisfazione in seno all’opinione pubblica nei confronti dell’assetto definito con il codice Rocco; anzi, l’ansia di adeguamento dell’istituto ha trovato nuo-va manifestazione nella recente riforma compiuta con la l. n. 36/2019, intervenuta a percorso ormai avanzato dalla ricerca in atto. La viva dinamicità che il tema è venuto manifestando negli ultimi anni, ha anzitutto imposto di verificare se e in quale declinazione si possa dare una qualche relazione di circolarità, di continuità ideale, fra ciò che in passato valeva a spiegare l’esonero da responsabilità per colui che, senza particolari cautele, invocasse la prerogativa di-fensiva, e le più recenti traduzioni della figura che pretendono di al-lentare i “vincoli” di legittimazione a beneficio di coloro che denun-cino condizioni di evidente debolezza rispetto all’aggressore. In gioco sono l’essenza stessa dell’istituto e la sua collocazione dog-matica nel quadro dei moderni sistemi penali. Qualora, infatti, con i presupposti di esenzione dalla pena, dovessero cambiare le ragioni esplicative della figura, anche la sua configurazione tecnica, la sua disciplina e i suoi effetti ne risentirebbero: di ciò, appunto, ci si è oc-cupati nel presente lavoro. Ma dietro di tali aspetti, si agitano più aspri interrogativi risalenti alla legittimità delle più recenti riforme normative compiute dal legislatore. Neanche con il pieno conforto dell’opinione pubblica, infatti, il Governo e il Parlamento possono intervenire del tutto liberamente su di un istituto che comunque tocca l’assetto dei diritti fondamentali degli individui. Vincoli costituzionali e sovranazionali limitano la possibilità di alterare oltre una certa misura l’equilibrio definibile fra le prerogative individuali che l’ordinamento è pur chiamato a ricono-scere e a tutelare, e l’esigenza generale di consentire solo eccezional-mente che i cittadini facciano valere le proprie ragioni per vie di fat-to, tramite l’esercizio di una violenza sottratta alla gestione e al con-trollo collettivo della pubblica autorità. Il quadro di legittimità in cui si riconosce l’ordinamento, ha dunque rappresentato una variabile indipendente, non eludibile al fine di delineare i margini di ammissi-bilità di interventi correttivi che pur pretendano di rispondere alle più insistenti istanze di adeguamento del regime di esercizio delle prerogative difensive. Tali sommari accenni lasciano ben intuire come il tema in esame impegni questioni di notevole complessità e delicatezza, rispetto al-l’obbiettivo di assicurare razionalità e coerenza all’ordinamento giu-ridico; né si possono trascurare gli effetti negativi perfino sconvol-genti che una riforma non ben calibrata potrebbe riversare sulla te-nuta della comunità sociale, scardinandole la coesione. Con la circospezione che l’importanza delle questioni evocate non può non suscitare nell’operatore del diritto, ci si è dunque accostati a esaminare le scelte normative che hanno investito l’istituto della le-gittima difesa praticata all’interno del domicilio. Il compimento di una nuova riforma nel 2019 nel solco di quella del 2006 – nel ribadire una linea d’indirizzo che, lungi dal desistere, appare consolidarsi – ha imposto di ricercare un filo conduttore che riunisse il più possibile “a sistema” l’opera del recente legislatore con la più risalente fattispecie generale. Certamente diversi sono i tempi fra questa e quelle, e diver-se probabilmente anche le logiche a ognuna sottese; né si è rinuncia-to ad evidenziarne le rispettive peculiarità. Si è nondimeno voluto sottrarsi alla tentazione di limitarsi ad enfatizzare i limiti e le incon-gruenze delle novelle normative. Senza voler mettere in ombra i profili più critici delle più recenti ipotesi, si confida nel fatto che l’opera applicativa della giurisprudenza potrà rivelare i margini di tenuta delle nuove norme, la loro utilità; altrimenti non rimarrà che constatare la loro intollerabilità da parte di un sistema che si trovi “costretto a rea-gire” ad esse per l’offesa inferta ai valori fondamentali nei quali si ri-conosce un ordinamento rispettoso dei diritti e delle garanzie di tutti i suoi membri.

Maggiori Informazioni

Autore Notaro Domenico
Editore Giappichelli
Anno 2020
Tipologia Libro
Collana Itinerari di diritto penale. Monografie
Num. Collana 100
Lingua Italiano
Larghezza 0
Stato editoriale In Commercio