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Il posizionamento dei cateteri venosi centrali: modalità di controllo + CD

ISBN/EAN
9788889620021
Editore
Forum Service
Formato
Brossura
Anno
2005
Pagine
60
40,00 €
Cateteri Venosi Centrali in emodialisi: dove e come collocare la punta? La punta del catetere venoso centrale (CVC) continua a rappresentare il tallone d’Achille del sistema paziente/catetere; a dispetto dei progressi compiuti nell’ambito dei materiali, dei trattamenti e della messa a punto di nuove geometrie, la parte più distale di tale dispositivo, apparentemente semplice, rimane sempre vulnerabile. Sulla punta del CVC, difficilmente protetta dalle soluzioni anticoagulanti, tendono a formarsi trombi che costituiscono il pabulum ottimale per la colonizzazione da parte dei batteri; la punta, quando a contatto con la parete vascolare, stimola in continuazione l’endotelio vasale che reagisce spesso in maniera abnorme. A tali problemi, soprattutto nei cateteri venosi centrali in emodialisi (CVCHd), si aggiunge la necessità di garantire portate adeguate al trattamento depurativo per il quale si impiega il catetere. Così se per i primi due problemi la ricerca e l‘industria sono costantemente impegnate a scoprire e mettere a punto soluzioni ottimali perché questo rientra nei loro compiti specifici, sul terzo, di rilevanza clinica, sono gli “impiantatori” e utilizzatori dei CVCHd che, non avendo raggiunto concordanza di opinioni, tengono aperto un dibattito che vede contrapposti da un lato i sostenitori della punta del CVC in atrio e dall’altro gli oppositori, orientati più sulla collocazione della punta al terzo inferiore della vena cava (al massimo alla giunzione cavo-atriale). Una “spolverata” alla letteratura sull’argomento non ci chiarisce certo le idee; osservando ad esempio quanto accade oltreoceano, fra operatori sanitari, medici e infermieri, agenzie federali deputate alla regolamentazione come la Food and Drug Administration (FDA), Società Scientifiche e Fondazioni (es. National Kidney Foundation), il dibattito sulla collocazione della punta del CVC è continuo e aperto anche perché la confusione fra tipologie di CVC e destinazione d’uso degli stessi resta sempre grande. Nel 1989 la FDA pubblica un precautionary statement che enuncia “the catheter tip should not be placed in or allow migrate into the heart”, raccomandazione per altro mai rivisitata e rigorosamente osservata, soprattutto in termine di utilizzo dei CVC, da varie Società Scientifiche Infermieristiche. Nel 2001 escono le linee guida K/DOQI che, distinguendo finalmente fra CVC tunnellizzati e CVC non tunnellizzati, raccomandano di collocare la punta del CVC anche in atrio (per i CVC tunnellizzati) al fine di ottenere i flussi migliori. Fra queste due posizioni, apparentemente in contrasto, altre opinioni di società scientifiche che, non riuscendo a prendere posizione, optano per raccomandazioni salomoniche del tipo che la punta del CVC deve essere collocata “a discrezione” dell’operatore oppure che “la posizione ideale della punta deve essere ancora stabilita”. Il compito che gli Autori si sono dati in questo volumetto, altra perla preziosa di una altrettanto preziosa collana didattica, non è certo quello di dare una risposta risolutiva alla diatriba sulla collocazione della punta del CVCHd, piuttosto di dimostrare che si possono ottenere informazioni corrette sul percorso della punta del VCHd e sulla sua collocazione finale con metodiche a basso costo e scientificamente ineccepibili. La loro esperienza pluriennale, condivisa e applicata anche da altri gruppi nefrologici, dimostra che si possono eseguire impianti di CVCHd corretti e sicuri sia pure in ambiti e in contesti diversi da quelli descritti, ad esempio, dai colleghi americani; in altri termini, l’impianto del CVC non appartiene tassativamente, come avviene oltreoceano, al mondo radiologico. Facendo di necessità virtù, ovvero ricorrendo a una tecnologia a buon mercato, quale può essere l’applicazione della elettrocardiografia endocavitaria (EC-ECG), è possibile ottenere risultati sovrapponibili a quelli derivanti dall’impiego di apparecchiature più sofisticate (es. fluoroscopia) e non sempre disponibili nei reparti nefrologici. Gli Autori hanno avuto il merito da subito di impadronirsi della metodica e di trasferire nel mondo degli accessi vascolari per emodialisi una metodica usata in anestesiologia pediatrica per la collocazione di semplici CVC infusivi. In più, il dott. Fosco Cavatorta non si è però limitato ad applicarla semplicemente nel campo dei cateteri per emodialisi, ma ne ha fatto anche oggetto di approfondimento e soprattutto di divulgazione attraverso i Corsi di aggiornamento tenuti dal Gruppo di Studio degli Accessi Vascolari della Società Italiana di Nefrologia. Questo volumetto ha il pregio di essere estremamente didattico, e di porsi come obiettivo quello di diffondere in campo nefrologico l’uso della registrazione intra-atriale nel posizionamento dei cateteri venosi centrali. Giuseppe Bonforte Coordinatore Nazionale Gruppo di Studio degli Accessi Vascolari della Società Italiana di Nefrologia

Maggiori Informazioni

Autore Cavatorta Fosco; Zollo Alfio
Editore Forum Service
Anno 2005
Tipologia Libro
Lingua Italiano
Indice 1. Storia dell’elettrocardiografia endocavitaria
2. Appunti di anatomia topografica
2.1 Le vene anonime e collaterali
2.1.1 La vena brachio-cefalica di destra
2.1.2 La vena brachio-cefalica di sinistra
2.1.3 Le principali collaterali delle vene anonime
2.2 La vena cava superiore e collaterale
2.2.1 Le vene collaterali: la vena azigose la vena emiazigos
2.3 L’atrio destro
2.4 La vena cava inferiore e le vene collaterali
3. Il posizionamento del catetere venoso centrale
3.1 Il posizionamento su reperi anatomici
3.2 Metodi radiologici
3.2.1 Quando bisogna eseguire il controllo radiologico?
3.3 L’esame ecografico
4. La registrazione elettrocardiografica endocavitaria
4.1 Principi di elettrocardiografia endocavitaria e il loro impiego nel posizionamento di un catetere venoso centrale in nefrologia
4.1.1 Principi di elettrofisiologia
4.2 La tecnica di registrazione
4.3 Tecnica di registrazione utilizzando il catetere come elettrodo esploratore
4.4 Conclusioni
5. Il malfunzionamento
5.1 Malfunzionamento precoce
5.2 Malfunzionamento tardivo
5.2.1 Dislocamento
5.3 Complicanze legate al posizionamento del catetere
6. La vena cava sinistra
7. Bibliografia