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Il Giudice Privato Nel Processo Civile Romano. Omaggio Ad Alberto Burdese

ISBN/EAN
9788813336653
Editore
Cedam
Formato
Brossura
Anno
2012
Pagine
620

Disponibile

50,00 €
‘IL GIUDICE PRIVATO NEL PROCESSO CIVILE ROMANO. OMAGGIO AD ALBERTO BURDESE’ è il ventiquattresimo volume della prestigiosa collana L'arte del diritto. Sotto la direzione del professor Luigi Garofalo e, sino alla Sua scomparsa, con la costante e sapiente collaborazione del professor Burdese, tale collana grazie all’alto livello scientifico dei volumi di cui si compone, ha saputo arricchire la tradizione di studi di diritto romano legata indissolubilmente all’Università di Padova, Ateneo fondato nel 1222 e, all’oggi, tra i più rinomati in Italia e in Europa: tradizione alla quale Cedam, sin dai suoi esordi, ha contribuito con le sue pubblicazioni. ‘IL GIUDICE PRIVATO NEL PROCESSO CIVILE ROMANO. OMAGGIO AD ALBERTO BURDESE’ costituisce, per la centralità e l’originalità del tema trattato, per l’autorevolezza della collana, per la competenza degli autori, un’Opera destinata ad imporsi quale irrinunciabile punto di riferimento per chi, nel futuro, desideri affrontare con piena consapevolezza il presente, per chi desideri conoscere nella sua profondità il passato. Come auspicato da Luigi Garofalo nella Presentazione di ‘Actio in rem’ e ‘actio in personam’, il volume di Collana edito in ricordo di Mario Talamanca, l’attività dei giovani coinvolti nei seminari che si susseguono dal 2006 continua e dà ora nuovi frutti, con la pubblicazione dei risultati raggiunti sul tema del giudice privato nel processo civile romano. Purtroppo, proprio pochi giorni prima dell’incontro conclusivo, è mancato Alberto Burdese, capostipite della scuola patavina, il quale aveva incoraggiato e seguito con vivo interesse l’esperienza dei seminari: a lui sono dedicati questi scritti, in segno della devozione di tutti i partecipanti nei confronti del Maestro. Questo primo tomo si apre con quattro lavori in cui si affrontano le affascinanti questioni relative alle origini del processo civile: in particolare, il primo saggio tratta il problema della struttura monofasica o bifasica, per gettare nuova luce sul quale propone di spostare l’angolo di osservazione dalle due fasi del processo ai due ‘poli’ di riferimento, magistrato e iudex, e al loro ruolo nella valutazione delle controversie fra privati. Il secondo studio si interroga più nel dettaglio in merito alla possibile divisione di ruoli tra magistrato e giudice nell’epoca delle XII Tavole, concludendo nel senso che il magistrato supremo in Roma, tanto durante l’età monarchica quanto nella repubblica del V secolo a.C., presiedeva alla fase cerimoniale di introduzione del processo e pronunciava anche la iudicatio sulla giustezza di uno dei due sacramenta. Segue un lavoro che indaga il significato dell’espressione iudicium e le sue eventuali derivazioni da precedenti forme arcaiche di arbitrato. Vi è infine un ampio scritto dedicato all’importanza dell’autotutela rituale per le prime esperienze negoziali e processuali. Nel seguito sono analizzate le principali linee di ricostruzione dogmatica della dinamica processuale romana: ci si occupa innanzitutto dell’intangibilità del giudicato, problema che tanto affatica la moderna dottrina processualistica, ma di cui non si trova traccia nella riflessione dei giuristi romani, essendo sorto in epoca medievale sulla scorta dei passi della compilazione giustinianea. Si analizza poi la distinzione tra dispositivo e parte motiva della sentenza, osservando come nel processo formulare la questione della sussistenza o meno di un obbligo di motivazione delle sentenze non avesse neppure motivo di essere posta. Si passa infine a sviluppare il tema dell’onere della prova, in merito al quale l'apporto della giurisprudenza si manifesta soprattutto nell'adattare le tendenze consolidate in fatto di doveri probatori alle esigenze di equità del singolo caso, senza produrre degli schemi astratti generalizzanti. Un ulteriore contributo approfondisce il valore del giuramento nel mondo romano arcaico e le sue prime applicazioni in ambito processuale, analizzandone gli elementi etimologici e costitutivi, le conseguenze dello spergiuro, nonché l’uso del sacramentum quale mezzo di impostazione del iudicium. Il tomo si chiude con un ampio saggio concernente un particolare tipo di giuramento, quello di rem sibi non liquere, il quale poteva essere prestato dal giudice che non fosse certo di poter dare sentenza secundum bonum et aequum: esso rappresentava 1'unico modo per non emettere un verdetto sentito in coscienza come ingiusto, senza incorrere nelle conseguenze che sarebbero derivate, se non a livello di litem suam facere, quanto meno sul piano della violazione del giuramento iniziale di decidere secundum bonum et aequum.

Maggiori Informazioni

Autore Garofalo Luigi
Editore Cedam
Anno 2012
Tipologia Libro
Num. Collana 0
Lingua Italiano
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